Le Voyage De Phoenix - Una delicata storia tra le due Coree
La copertina dell'edizione Quadrants |
G: Restiamo sempre molto colpiti dalla facilità con cui gli autori francofoni riescano a trattare i temi più complessi della vita attraverso fumetti delicati eppure dotati di una forza e di una lucidità straordinaria. Sembra non esserci limite alla complessità degli argomenti che si possono descrivere attraverso vignette e tavole, e “Le voyage de Phoenix” ne è un grande esempio.
L'Opera è interamente curata da Jung, nato a Seul nel 1965 con il nome di Sik Jun Jung e successivamente adottato da una famiglia belga nel 1971. Sarà proprio l’influenza belga e l’incontro con Marc Michetz, che lo porterà tra le pagine della nota rivista Spirou, a donare a Jung la spinta a diventare un grande fumettista. Nel corso della sua carriera, a poco a poco, le tematiche dell’oriente e della sua terra natale, la Corea, si faranno sempre più presenti fino a arrivare a "Le voyage de Phoenix", un’opera straordinaria per argomenti e delicatezza, che racconta tra le sue pagine alcuni dei momenti più complessi della storia delle due coree nella seconda metà del novecento.
Un inizio quasi onirico... |
W: Sì, Jung mischia sapientemente una storia dentro l’altra, creando un’opera corale eccezionale. Tre sono gli attori principali: Jennifer, ragazza americana figlia di un soldato che ha combattuto in Corea; Aron, e la sua compagna Helen, coppia americana che, non potendo avere figli, decidono di adottarne uno e Kim, piccolo coreano abbandonato dalla madre in un orfanotrofio che troverà l’amore di Aron e Helen.
La storia è narrata da Jennifer, che, perennemente alla ricerca del padre scomparso durante la guerra in Corea, finisce con lavorare all’orfanotrofio americano di Seul. E’ qui che farà la conoscenza di Aron e Helen, arrivati dagli Stati Uniti per adottare il piccolo Kim. Ma la storia di Kim è lo sfondo sopra il quale si dipanano gli eventi della vita di Jennifer: le ricerche che la porteranno a scoprire i fatti accaduti al padre, colpevole di aver involontariamente ucciso un bambino coreano durante il suo servizio in guerra, e scappato attraverso la frontiera in Corea del Nord; l’incontro con l’uomo della sua vita, Lee San-Ho, che a differenza del padre ha compiuto il percorso inverso, scappando dalla Corea del Nord per raggiungere la libertà in Corea del Sud; i fatti della vita di Aron ed Helen dopo l’adozione di Kim, di cui Jennifer apprenderà grazie al libro che Aron, illustratore, le farà arrivare fino in Corea.
...E tavole molto dolci... |
Accennata così, senza svelarvi i dettagli, la trama può sembrare complicata ed in effetti lo è, le storie si mischiano una dentro l’altra, come d’altronde sempre accade nella vita, e le vite dei personaggi si mischiano tra flashback e salti in avanti nel tempo donando alla storia un ritmo sostenuto. Jung padroneggia con maestria tutti gli infiniti tempi della narrazione, e questa sua capacità di gestire correttamente il filo della storia regala al lettore un esperienza di lettura quasi cinematografica e sicuramente molto al passo con i tempi. L’opera in sé è talmente ben strutturata che i lettori potranno decidere a quale filone narrativo affezionarsi, ci sarà così chi si ritroverà ad amare questa storia per le vicende familiari raccontate e chi la amerà invece per le bellissime pagine in cui Lee San-Ho racconta con cura e dettaglio la sua fuga dai campi di prigionia della Corea del Nord, descrivendo allo stesso tempo un lucido resoconto della guerra tra le due Coree, accompagnato da cartine storiche e da un’abbondante dose di amara ironia, come nei migliori fumetti di protesta civile.
...Ma anche incubi terrificanti... |
T: Di quest’opera di Jung, se non fosse capito, abbiamo amato molto la dolcezza e la delicatezza, la leggerezza così squisitamente orientale nel raccontare le cose. Tutto questo si riflette inevitabilmente nei disegni e nelle tavole. Uno splendido bianco e nero che ci accompagna lungo tutte le oltre 300 pagine della storia, con uno stile ad acquerello che non fa minimamente rimpiangere l’assenza del colore tanto sono curati i grigi e le sfumature. Gli scenari sono ben curati ma quasi sempre utilizzati solo quando indispensabili per fornire la corretta ambientazione della storia. Nella maggior parte dei casi i personaggi sono come isolati su un fondo neutro, cosa che funziona benissimo, essendo il risultato finale una raffinata riflessione interiore dei personaggi sulla propria esistenza e una continua ricerca sul significato della loro vita.
Sono molte le tavole che ci hanno impressionato, a partire dalle prime cinque introduttive, che sono state proprio la spinta a leggere questa storia, passando per quelle tenerissime con Kim e Helen che discutono della funzione dell’ombelico in un rapporto madre-figlio quasi onirico, fino ad arrivare a quelle tremende degli incubi di Jennifer in cui Jung fa un uso della luce semplicemente magnifico e che sembrerebbe impossibile lavorando su un bianco e nero e, ancora più tremende, a quelle che raccontano la vita nel campo di prigionia nel campo 14 Kaechon, che sembrano uscite dalla penna di Miller in 300 con quelle silhouette nere su un fondo di acquerello. Nel complesso Jung dimostra una capacità illustrativa degne dei più grandi autori. Ci sono poi tutta una serie di tavole che abbiamo amato molto: ritraggono un uccello, una fenice per la precisione, proprio quella fenice che da il nome al libro, e che rappresenta il fil rouge che lega tutte queste storie personali in un’unica storia più ampia. Jung le posiziona in corrispondenza dei capitoli e sembrano quasi essere una storia a sé stante. Pur non essendo propriamente una storia allegra, la bellezza dei disegni lascia comunque estasiati.
...E un flashback che sembra uscito dalla penna di Miller! |
G: "Le voyage de Phoenix" in effetti non è una storia allegra, è una storia nel senso reale del termine, una storia di vita e come tutte le storie della vita è un insieme di fatti positivi e negativi, allegri e tristi, lasciamo ai lettori il compito di stendere un bilancio di questi avvenimenti e di decidere che parte la bilancia penderà. L’opera di Jung è edita da Quadrants e non è ancora stata tradotta in italiano ma ci auguriamo che qualcuno provveda presto a colmare questa lacuna, sia per il suo apporto narrativo sia per la sua parte di documentazione storica crediamo che il pubblico italiano la apprezzerebbe molto. Nel frattempo è possibile acquistare l’edizione francese qui, considerando che tutto sommato il tenore dei dialoghi non è complesso e rende il libro accessibile anche a chi non padroneggia la lingua francese. Un volume da avere sicuramente all’interno della vostra collazione.
Buona lettura.
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