Fabrica - Il totalitarismo visto dagli occhi di un operaio



G: Può un fumetto, un fumetto senza parole, essere una feroce critica ad ogni forma di totalitarismo? Può riuscire, senza spendere una sola parola, a farci provare quelle emozioni che difficilmente proviamo nella quotidianità delle nostre vite? La risposta è sì, e quel fumetto è Fabrica di Nicolas Presl, autore che ha fatto delle vignette senza parole una sua firma, un suo marchio di fabbrica!

Di Presl, nato in Vandea nel 1976, non conosciamo molte informazioni. Sappiamo che per un certo periodo ha fatto il tagliatore di pietre, un mestiere che poco ha a che vedere con il fumetto, e che ha deciso in seguito, per sua stessa ammissione, di dedicarsi al fumetto per seguire la donna che ama. Una carriera quantomeno particolare! Ma non per questo meno interessante di tanti grandi fumettisti cresciuti nelle accademie.

Una vista dall'alto che ricorda molto Metropolis di Lang
La produzione di Nicolas Presl si concentra dal principio sul fumetto muto. Dopo diversi tentativi di inseguire le case editrici più famose, approda a Atrabile nel 2006 con l'opera "Priape", seguita nel 2008 da "Divine Colonie" e nel 2009 da "Fabbrica" che stiamo trattando proprio oggi. Tre opere senza parole, ma anche tre opere incentrate su forti temi di critica sociale come, spesso, solo gli autori di area francofona riescono, efficacemente, a fare. Negli ultimi anni Presl sembra avere cambiato filone - pur restando sempre affezionato alla mancanza assoluta di parole nei suoi lavori - dedicandosi al vicino oriente con due volumi: "Orientalisme" pubblicato nel 2014 e "Levante" comparso pochi mesi fa ad ottobre 2017. Due opere, queste ultime, in cui compare anche una piccola novità: un parsimonioso uso del colore che rompe la lunga tradizione del bianco e nero più puro tanto amato da Presl.

L'operaio al lavoro
W: Bianco e nero forte, tratto pesante, come pesanti, anzi importanti, sono i temi trattati in "Fabrica". La storia comincia mentre il protagonista inizia un nuovo turno in fabbrica, macchina 171. Questa prima scena, una giornata di lavoro, ci da la sensazione del contesto in cui ci troviamo, ma è la seconda scena, quella che si apre sul pianista e sul bambino che ci danno la conferma delle nostre sensazioni. Siamo in un paese in cui vige un regime dittatoriale e la polizia spadroneggia. Un dettaglio balza all'occhio: le mani del pianista sono dotate di sei dita - numerate, ottimo espediente per aiutare il lettore a cogliere il particolare -. A quanto pare la polizia è alla ricerca di tutte le persone dotate di sei dita. Dopo una rocambolesca fuga il pianista viene catturato ma riesce a mettere in salvo il figlio che viene nascosto ed aiutato dall'operaio della scena iniziale. L'operaio porta il ragazzo nella fabbrica in cui lavora e lì lo nasconde all'interno della sua macchina/postazione. E qui comincia una delle più belle similitudini che il fumetto abbia mai raccontato.
Dopo aver dato la caccia ai musicisti, il regime distrugge anche gli strumenti musicali

Ben presto l'operaio si rende conto che la sicurezza non è l'unica cosa che serve al bambino per crescere felice. Evitando i controlli e le difficoltà che potete immaginare riesce a procurare al ragazzo un piccolo compagno un topolino. Ma il topolino è il mezzo grazie al quale il ragazzo si troverà a vedere l'esterno della macchina dov'è nascosto, scoprendo così la fabbrica. Con il passare del tempo, e delle scene, la fabbrica diventa il teatro nel quale si svolge la vita del giovane. Fuori da lì le prepotenze del regime e della polizia continuano: dopo aver perseguitato i musicisti si bruciano gli strumenti musicali, poi il regime se la prende con i librai e con i libri. Ogni forma d'arte viene distrutta e ogni uomo o donna con sei dita, il segno che contraddistingue gli artisti dal resto della popolazione, viene picchiato e arrestato. Il regime odia l'arte sembra volerci dire Presl. E odia chiaramente quegli individui speciali che, grazie al loro dito in più, sono in grado di crearla, quest'arte!
Il legame dell'operaio per il ragazzo si fa ogni giorno più forte e con esso la volontà di proteggerlo, ma purtroppo nulla potrà impedire alla vera natura del ragazzo di avere il sopravvento, l'arte non può essere incatenata, nonostante il giovane arrivi perfino a tagliarsi un dito per essere come tutti gli altri abitanti della città.
Il finale è potente e riflessivo, un pugno nello stomaco di chi si è arreso al regime e ha smesso di lottare per la sopravvivenza delle cose belle della vita, arreso al grigiore della quotidianità.

Don Chisciotte di aggira per la Fabbrica di notte...


T: Dalle tavole di Presl risultano subito chiare due cose: primo, la fabbrica è una fabbrica che produce armi - proiettili, munizioni -, secondo, il disegno di Presl si ispira alla pittura e cerca citazioni elevate anche nel cinema classico. La prima inquadratura è una vista dall'alto, a volo d'uccello, splendidamente realizzata, che ricorda magistralmente alcune delle ambientazioni di "Metropolis" di Lang. I tratti del personaggio non possono non ricordare il tratto di Picasso e ancora più specificamente i personaggi di "Guernica". Lo stile "picassiano" di Presl caratterizza tutta "Fabrica", ma più in generale tutte le opere di Presl.
Il tratto, lo abbiamo già accennato, è asciutto, non si perde in dettagli. Tuttavia è proprio questa semplicità a rendere eccezionali gli scarni particolari che addobbano le tavole senza mai appesantirle.
Alcune di queste ci hanno fatto letteralmente innamorare: la prima serie in cui si vede la fabbrica, il rogo degli strumenti musicali, la serie di tavole in cui il ragazzo, mentre legge Don Chisciotte, lo immagina impegnato in una battaglia contro le macchine o ancora la tavole di anatomia che porteranno il giovane a compiere la sua tragica scelta. Insomma lo stile di Presl, per quanto scarno e sintetico è uno stile che sa farsi apprezzare dagli amanti del fumetto, e sicuramente rappresenta un approccio molto caratteristico, nel mare di stili molto spesso simili che possiamo trovare in giro.

L'anatomia ci vorrebbe tutti uguali...


G: Stupisce decisamente la capacità di Presl di affrontare un tema così serio senza l'utilizzo delle parole. La profondità dei sentimenti emerge senza nessuna difficoltà dalla penna dell'autore. Questo è secondo noi un punto di forza incredibile: se contiamo l'enorme quantità di opere presenti sul mercato  nelle quali sceneggiatori gli sceneggiatori hanno sprecato discorsi su discorsi ottenendo pochi se non nulli risultati, ci rendiamo con che un autore come Nicolas Presl è sicuramente da tenere sotto stretta osservazione perché rappresenta qualcosa di unico più che di raro!

Di Fabrica abbiamo letto l'edizione per Atrabile del 2009, chiaramente essendo il fumetto senza parole ne consigliamo l'acquisto a tutti! Purtroppo non se ne trovano più così tante copie, noi l'abbiamo cercato qui!

Buona lettura!

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